Il nome “Canestrato dei Nebrodi” o incanestrato ha origine dalla messa in forma della tuma in canestri di giunco; è prodotto con latte crudo intero di vacca o misto (vacca, pecora e/o capra). Citazioni del canestrato si trovano in alcuni contratti di gabella siciliani risalenti al 1400. Troviamo testimonianza del 1407 nel calmiere dei latticini dove è citato come tumazza e in un calmiere del 1412 citato come cacio vacchino. Un’ulteriore riscontro si ha in una citazione nella dieta del 1562 delle monache del monastero di San Castrenze a Monreale (Palermo). La particolarità della mistura di latte del canestrato si fa risalire alla necessità dei mandriani di bovini di utilizzare il latte in eccesso delle pecore al seguito della mandria durante il periodo primaverile.

Zona di Produzione:
Il territorio interessato alla produzione comprende l’area dei Nebrodi ed in particolare i comuni della fascia collinare e montana. Si tratta di un comprensorio, orograficamente diversificato e complesso con altitudini comprese tra 600 e 1800 metri sul livello del mare.

Il Pascolo:
Il latte impiegato come materia prima proviene prevalentemente da bovine autoctone afferenti alla razza popolazione “Montanina” e/o loro incroci con altre razze (bruna, modicana, cinesana, ecc.), in diversi casi con aggiunta di quantità di latte caprino e/o di pecora, afferenti alle popolazioni autoctone, sino 40% ed in questo caso si riferisce al canestrato misto più apprezzato dai consumatori.

Tecnica di produzione:
Il latte intero, crudo è portato a 35 – 37 ° c, aggiungendo il caglio di capretto e/o di agnello; la coagulazione avviene in 50- 60′. L cagliata viene rotta fino a ridurla in granuli delle dimensioni di nocciole, con aggiunta di acqua calda a 85/90 c°, in valore del 10 – 15% della quantità di latte lavorato, per facilitarne la sineresi; togliendo parte del siero, la cagliata è pressata manualmente nei tradizionali canestri di giunco e posta sotto scotta per 1/4 ore. Successivamente, estratta dalla scotta, viene posta a sgrondare nel “tavulieri”, sorta di ripiano di legno, ponendo al di sotto dei canestri un pezzo di legno “cugno” a forma concava al fine di conferire alle forme la caratteristica concavità nella parte superiore.

Ogni forma di Canestrato Siciliano, infatti, viene salate a secco per dieci giorni consecutivi e ancora una volta alla settimana per i sei mesi successivi. Alcune forme, però, non vengono salate, ma destinate al consumo immediato. Il Canestrato Siciliano ha tre tipi di stagionatura: da 8 a 10 giorni per il “primosale”, da 2 a 4 mesi per il “secondosale” e oltre i 4 mesi per lo “stagionato”.

Il Canestrato Siciliano si caratterizza per la forma cilindrica, con facce piane o lievemente concave e per la crosta bianco-giallognola, sulla quale si notano i segni lasciati dal canestro di giunco utilizzato per raccogliere la cagliata. Solitamente, il Canestrato Siciliano viene prodotto in forme che pesano tra i 4 ed i 14 kg.

Il Canestrato Siciliano si può trovare anche nella versione “forte”: un formaggio dall’aroma persistente e dal sapore deciso, che si ottiene aggiungendo grani interi di pepe nero o fiocchi di peperoncino al caglio durante l’incanestratura. In dialetto siciliano, il Canestrato viene indicato con tre nomi differenti: canistratu, picurinu o tumazzu.

Il Canestrato Siciliano è particolarmente gustoso se apprezzato con vini rossi corposi, tipici della produzione siciliana, come l’Etna Rosso e il Cerasuolo di Vittoria.

Valori nutrizionali per 100 g di prodotto:

  • Valore energetico: 369 kcal / 1529 kJ
  • Proteine: 22,4 gr.
  • Carboidrati: 1,8 g.
  • Grassi: 30,2 g.
  • Calcio: 607 mg.