Originariamente, la distillazione dello spirito di vino sarebbe dovuta servire a scopo medicinale, per disinfettare ferite ed ustioni o per alimentare lampade.

Era nata, grazie a storte e alambicchi, la grappa, e quando a quella si aggiunse l’anice nacque lo “anis” spagnolo, il “raki” orientale, lo “ouzo” greco. In Sicilia, ancora oggi, si usa l’alcol all’anice per aromatizzare l’acqua. Ma si chiama “zammù” perché, in origine, si faceva con l’estratto del sambuco, “zammùcu” in siciliano.

In quel mondo estremamente colto la gastronomia divenne argomento di studio e di dissertazione. Così come la medicina, con appendici di natura culinaria. Non per niente tutto ciò che attiene alla cucina finì nel capitolo delle “alchimie”, forse anche in memoria di Maria, sorella di Mosè e, creatrice, secondo tradizione del “bagnomaria”.

Questo “nuovo sapere” gettò le basi dei principi della “Regola sanitaria salernitana”: la dieta sposò la gastronomia dando vita alla scienza dell’alimentazione. Frutto della saggezza delle culture orientali e occidentali.