In Sicilia risulta sconosciuta la parola PITONE per indicare questa specialità della ROSTICCERIA. Il PITONE invece è molto diffuso a Messina e provincia, preparato anche nei panifici e nelle pizzerie. Il PITONE ha degli ingredienti precisi che gli danno un sapore unico: FARINA e acqua per l’impasto, VERDURA (indivia = scalora riccia), FORMAGGIO, OLIO, SALE. La preparazione è fatta anche in casa in occasione di feste che ricordano un rito ANTICO. La forma più comune è a mezza luna, ottenuta piegando a metà 100 grammi di pasta di forma circolare, fritta nell’olio si presenta di color giallo oro, spesso è cotta anche nel forno, con gli stessi ingredienti. Il nome, apparentemente, non ha nessun nesso con la specialità e, usciti dall’area del messinese, l’appellativo PITONE è sconosciuto. Questa focaccia “chiusa” (“calzone”) ha molte versioni: esiste anche a Malta (PISTAZZI: ripieno di piselli triturati); dalle isole Baleari (COCARROI: ripieni di verdure varie) alla Turchia; fino in Cina (WONTON: con verdure); solo nella zona di Messina ha conservato il nome di PITONE. La farina di FARRO era usata in SICILIA anche per fare le focacce da offrire agli dei, 25 secoli fa. Il FARRO è uno dei primi cereali coltivati dall’uomo, dal FARRO si è sviluppato il frumento. I PITONI fatti con FARRO e VERDURE, salvano le proprietà alimentari di fibre, sali e vitamine. Presso i romani si preparava il LIBUM per i matrimoni:ricotta di pecora o caciotta grattata, farina di FARRO, olio d’oliva per la frittura, foglie d’alloro, sale. La sposa lo preparava e lo regalava allo sposo. Quel nome che ancora oggi identifica IL PIU’ GRANDE DEI SERPENTI, 28 secoli fa indicava un DRAGO MARINO DI FORME SERPENTINE. Le sacerdotesse di questo culto del DIO-DRAGO-SERPENTE-PITONE erano la PIZIE o PITIE (latino). Nel periodo greco le PIZIE furono associate al culto del dio APOLLO, simbolo della bellezza maschile. Nell’antichità, oltre ai giochi olimpici, esistevano i giochi PITICI in onore di Apollo. Le PIZIE avevano il compito di gestire il tempio del dio e davano consigli in virtù della loro dote esclusiva di prevedere il futuro, erano capaci di PRO-PIZIARE il futuro. Questa loro attività fu in seguito acquisita da sacerdoti maschi, famoso era l’oracolo di Delfi e prima la PIZIA di Delfi. Le PIZIE, prima di rispondere ad un quesito, masticavano foglie di LAURO (alloro), che causava uno stato di estasi mistica che gli permetteva di “indovinare” il futuro. In molti paesi della Sicilia, numerosi nella provincia di Messina, si portano rami di LAURO in processione durante feste interamente dedicate all’albero del LAURO. Il lauro dava alle PIZIE una carica percettiva speciale che PRO-PIZIAVA gli dei, placava la loro ira. Per rendere favorevole la divinità alle varie richieste, i fedeli portavano doni originali fatti con le loro stesse mani . Il FARRO ed il LAURO erano le componenti principali. Portavano in dono queste FOCACCE ancora calde, ripiene di quanto di meglio si potesse offrire. Questi “doni” erano lasciati sull’altare del tempio. Ovviamente non sempre il dio del PITONE consumava questi doni di cui erano pieni gli altari di tutti i suoi templi, per questo lo PIZIE, esclusivamente impegnate nei riti, gradivano i doni molto più del loro dio e conseguentemente ne conservarono la ritualità e la preparazione. Queste focacce ripiene di ingredienti vegetali erano proprio il CIBO DEGLI DEI. Il culto di DIONISO era sempre accompagnato dal LAURO e dalla VITE. DIONISO, significa figlio di dio, muore su un palo e dopo pochi giorni resuscita, i suoi riti si celebravano con il pane ed il vino. Il TEATRO era il luogo ove si tenevano le rappresentazioni dedicate a Dioniso e dove si mangiavano anche queste focacce, appunto i PITONI di farro ripieni di verdure ed il pane di farro.

Molti inseriscono tra gli ingredienti del PITONE i pomodori, ma al tempo del culto di DIONISO, non esistevano. I pomodori sono arrivati in Europa dall’America nel 1492 dopo la “scoperta” di Colombo, erano ancora verdi e velenosi per l’uomo per via della verdina, successivamente diventarono commestibili coltivati al sole del Mediterraneo.